“Compliance doganale” ovvero quello che ogni azienda versata al commercio internazionale dovrebbe sapere.
Ma non è sempre cosi: ancora oggi, soprattutto nelle PMI, la pianificazione doganale non ha lo stesso rilievo dell’attività commerciale ed amministrativo-finanziaria.
Sottovalutarla comporta però tanti rischi.
Danilo Desiderio con competenza e chiarezza affronta l’argomento in un articolo apparso sul numero 6/2023 de Il Doganalista .
Compliance e pianificazione doganale
di Danilo Desiderio
Esperto in regolamentazione doganale e del commercio estero con più di 20 anni di esperienza nei settori della facilitazione del commercio, modernizzazione doganale, gestione integrata delle frontiere, commercio internazionale e promozione delle esportazioni. Autore di molte pubblicazioni in materia doganale
Chiunque effettua operazioni di commercio internazionale conosce l’importanza della ‘compliance doganale’. Nonostante si tenda oggi a fare abuso di questo termine, pochi tuttavia sanno esattamente cosa esso significhi e soprattutto quali siano le finalità del processo che mira ad assicurarla, ossia la cd. ‘pianificazione doganale’, con i rischi che esso mira a scongiurare. Questo articolo mira a gettare luce su questi due aspetti.
Compliance e pianificazione doganale
In una prima approssimazione, per compliance (o conformità) doganale si intende il fatto che le proprie spedizioni di merci sono conformi alle norme che ne regolano il trasferimento da e verso l’estero.
La compliance doganale è il risultato di un processo logico-analitico che consiste nell’esecuzione di una serie di operazioni, condotte ex ante (ossia prima ancora dell’avvio dell’operazione di commercio internazionale), aventi per oggetto l’analisi delle normative, delle procedure e dei requisiti documentali applicabili nel paese o territorio doganale di esportazione, di importazione e, a volte, anche in quello di transito. Questo processo, nel suo insieme, è detto di ‘pianificazione doganale’.
La relazione tra pianificazione doganale e compliance è pertanto un rapporto processo-risultato.
Navigare nelle procedure doganali di diversi paesi è tuttavia un’attività complessa che richiede tempo e competenze tecniche specialistiche. Ragion per cui il più delle volte si preferisce affidarne l’esecuzione ad un professionista esterno all’azienda, soprattutto quando quest’ultima non dispone di personale interno qualificato in grado di condurre tale analisi internamente.
Mentre la conformità doganale è un obbligo normativo, la pianificazione doganale è un’attività la cui conduzione rimane nella discrezione dell’operatore economico, ma che ciononostante costituisce la chiave di volta per un’esperienza di spedizione internazionale fluida, efficiente e con rischi ridotti al minimo.
Mantenere una posizione rigorosa nella conduzione delle attività di pianificazione doganale significa dunque elevare una barriera protettiva contro potenziali ostacoli alle spedizioni.
Le difficoltà nell’eseguire una corretta pianificazione doganale sono legate essenzialmente al fatto che ogni paese o territorio doganale presenta una propria serie di regole di importazione ed esportazione, misure tariffarie e requisiti di documentazione che differiscono gli uni dagli altri.
Trascurare o fare un passo falso nell’interpretazione di una sola di queste regole può innescare una reazione a catena di ritardi od interruzioni nelle catene di approvvigionamento, con l’applicazione di possibili sanzioni od addirittura il sequestro delle merci, esponendo l’azienda a perdite di fatturato e possibili danni di reputazione.
In estrema sintesi, è possibile classificare come segue i rischi che una adeguata pianificazione doganale tende a scongiurare:
Rischio finanziario
La mancata conformità alle normative sul commercio internazionale può gettare un’ombra sull’intera attività dell’azienda, causando contraccolpi finanziari in grado di impattare negativamente sul suo fatturato o di danneggiarne la reputazione.
Tra questi rischi rientra innanzitutto quello dell’applicazione di sanzioni pecuniarie, ed a volte anche penali, che possono nel primo caso essere addirittura retrodatate per compensare, ad esempio, il mancato pagamento dei dazi dovuti ad una certa data. I governi e le agenzie governative dei vari Paesi impongono la conformità doganale attraverso sanzioni che possono aumentare sensibilmente a seconda della gravità della violazione.
Tali sanzioni possono comportare la necessità per l’azienda di compensare la perdita sottraendo fondi inizialmente destinati ad altri settori, come la comunicazione, il marketing o iniziative di crescita o di sviluppo dei dipendenti (es. attività formative).
Ritardi e interruzioni
Ritardi e interruzioni rappresentano un altro rischio critico derivante dalla non-conformità. Le dogane ed altri organismi di controllo alle frontiere hanno il potere di sospendere o bloccare lo svincolo delle merci per condurre ispezioni o verifiche documentali. Le spedizioni non conformi sono soggette a tempi di sdoganamento mediamente più lunghi, con conseguenti ritardi che possono ripercuotersi lungo tutta la catena di approvvigionamento.
Di conseguenza, i programmi di produzione industriale possono risultarne sconvolti, innescando un effetto domino sui processi a valle che nei casi più gravi possono condurre ad annullamento degli ordini da parte dei clienti.
Confisca delle merci
La confisca delle merci è un rischio che grava soprattutto a carico di quelle aziende che trascurano o eludono deliberatamente le norme che presidiano le attività di commercio internazionale. Le autorità doganali hanno il potere di sequestrare e detenere le merci che non rispettano tali norme.
Questo può condurre ad effetti finanziariamente disastrosi per l’azienda, in quanto quest’ultima non solo perde il valore delle merci confiscate, ma sarà costretta a sostenere costi aggiuntivi associati a spese di custodia e di recupero della merce, inclusi i relativi procedimenti legali e costi dei difensori. Ció può avere anche un impatto sulle relazioni con i fornitori.
Perdita di accesso ai mercati
In alcuni casi la non-conformità può innescare restrizioni, divieti o perdita di privilegi commerciali nei mercati dove la violazione è stata commessa.
Questo può rappresentare un duro colpo per quegli operatori che fanno particolare affidamento su accordi commerciali preferenziali (e dunque tariffe preferenziali) per accedere a tali mercati e rimanere competitivi.
Reputazione
I consumatori sono sempre più sensibili alle caratteristiche etiche delle imprese dalle quali acquistano. Essi maturano aspettative non solo nei confronti della qualità dei prodotti, ma valorizzano anche fattori etici e di equità integrati nella loro produzione, come il rispetto di standard ambientali, dei diritti umani e dei lavoratori, e così via.
Addirittura, alcuni accordi preferenziali di commercio condizionano l’accesso ai benefici tariffari che introducono, al rispetto di standard di principi di democrazia, sviluppo sostenibile, di tutela dell’ambiente e dei lavoratori o di buon governo, spesso incardinati nella struttura stessa di tali accordi. È il caso ad esempio del sotto-regime SPG+ del Sistema di Preferenze Generalizzate o degli Accordi di Partenariato Economico (APE) dell’Unione Europea.
Le aziende che danno priorità alla conformità doganale sono in genere percepite come maggiormente attente a tali principi e particolarmente responsabili, il che favorisce la fedeltà dei consumatori al marchio ed i prodotti che quest’ultimo contraddistingue.